Perché ho deciso di scrivere questo libro?

Perché voglio raccontare quello che mi è accaduto e che ha stravolto la mia vita, col rischio di mandarla completamente in frantumi.

Sono stati il mio carattere e le amicizie ad evitare di farmi schiacciare inesorabilmente dal peso degli eventi, oltre alla vicinanza, al calore ed all’instancabile sostegno di mia moglie e della mia famiglia.

Senza tralasciare i cosiddetti parenti acquisiti, come i figli di Giulio, uno dei fratelli di mia moglie: mi piace ricordare ad esempio quando i piccoli Marco e Giorgia, durante un pranzo a casa loro, ad un certo punto mi presero per mano e con estrema attenzione e dolcezza mi accompagnarono dalla tavola al balcone, per farmi fumare una sigaretta, evitandomi di sbattere da qualche parte.

Pur non vedendoli, ho percepito la grande sensibilità e magia che i bambini sono in grado di esprimere di fronte alla disabilità.

Nulla però avviene per caso, nel senso che certi affetti, se non li coltivi come fossero una pianta, appassiscono.

Se nel mio accidentato percorso di questi ultimi anni non mi sono ritrovato a combattere le battaglie da solo, la ragione è proprio quella di aver sempre dedicato grande cura ai rapporti interpersonali, con gli amici in primis, senza fare calcoli su ciò che ti può tornare indietro.

Questo non basta certo per guarire da una brutta malattia o per cancellare una disabilità, ma indubbiamente ti aiuta a continuare a vivere dando un senso alla tua esistenza.

L’altro motivo che mi ha spinto a scrivere queste pagine è di far luce sulla quotidianità di un portatore di handicap, così da agevolare il compito di chi, magari, entra in contatto con lui, col desiderio di farlo sentire il più possibile “normale”.

Perché, come diceva Tolstoj – citato anche nel film “Into The Wild” (questa me l’hanno suggerita)-, “La felicità è reale solo quando è condivisa”.

Se trovi però qualcuno disposto anche ad alleggerirti il fardello delle tue sfighe, beh… male non è!

Infine, spero che la leggerezza in cui vi imbatterete leggendo non venga interpretata come superficialità nel trattare l’argomento: vivendo in questa condizione ogni istante, sono pienamente consapevole della sua gravità, ed è proprio per questo che un po’ di leggerezza può rappresentare linfa vitale.

 

Luca Lepri

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